Note Di Regia
Hystrio è una drammaturgia che riflette su se stessa e che sonda le fondamenta del mistero della creazione teatrale. Mario Luzi persegue l'idea di un teatro di poesia che ci ha fatto conoscere "Il libro di Ipazia" e "Rosales"; ma è soprattutto con questa sua ultima prova che apre una nuova strada nella attuazione di un universo drammaturgico contemporaneo alla ricerca del senso del tragico oggi; una realizzazione altissima in cui confluiscono reminiscenze delle strutture e dei codici della grande tradizione del pensiero teatrale da Sofocle a Shakespeare a Racine. E proprio la traduzione dell'Andromaca dell'autore del grand-siècle (inscenata così come Hystrio fra le rovine dell'Ara di Jerone II a Siracusa) ha rappresentato il motivo di incontro teatrale con il poeta fiorentino.; una versione, ricordiamo, che per profondità di ispirazione e capacità di adesione al teatro di Racine poteva definirsi creazione autonoma.
La messinscena di Hystrio a Siracusa nel settembre del 1987 ha significato una conferma delle potenzialità sceniche dell'opera; e i caldissimi applausi che hanno salutato il battesimo del lavoro di Luzi ci hanno rassicurato e incoraggiato sull'orizzonte di attesa che ha oggi il pubblico per il teatro di poesia di cui Hystrio è splendido esempio. La forza evocativa della parola poetica ha letteralmente incatenato gli spettatori ricreando antichi rapporti fra scena-parola e pubblico che sembravano ormai sopiti.
Hystrio ha per tema centrale il teatro stesso, la sua comunicazione e la sua ricezione nell'ambito della società. In un'epoca imprecisata una dittatura detiene il potere dello Stato; già nel prologo la vecchia maestra incarnata dalla voce "santa" di Paola Borboni (qui alla sua prova scenica più affascinante e misterica perché terribile nella sua religiosità) aveva detto "Qualcosa succederà e non sarà letizia...". In un'atmosfera grigia e opprimente la macchinazione politica è all'ordine del giorno. Ad un attore del tempo in cui i confini fra la realtà e la maschera paiono labili e che da sempre oppone la sua arte al potere, viene richiesto di interpretare un'opera che è l'esaltazione di quella tirannide. Ma un potere occulto tende a sostituirsi al capo senza temibili scosse e a svilire l'immagine pubblica anche con quell'opera da rappresentare. A queste forze oscure insieme all'attore si oppone Giulia, figlia del tiranno e da tempo in contrasto con il padre, figura magicamente poetica e incarnazione della vita libera da ogni costrizione di sorta. Ma le forze della storia hanno il sopravvento. Muore Giulia e con essa la vita stessa mentre Hystrio che non accetterà mai di piegare la propria arte alla meschinità della politica rimane solitario, arcano simbolo del teatro a contemplare nel deserto di ogni cosa la follia della condizione umana.
La vicenda si muove in uno spazio angusto fra le mura di un inaccessibile palazzo, altro luogo della rappresentazione, dove si infrangono le attese e le speranze di una "liberazione" del sentimento e dell'anima; dice Giulia: "Pure c'è un teatro / senza luci e senza fuoco, ben diverso / Hystrio, dal tuo: e si recita / giorno e notte, notte e giorno fuori di qui". Il teatro in "Hystrio" è il luogo dell'immaginario dove Giulia e i giovani come lei proiettano le ansie di ribellione e le necessità di cambiamento di un'intera generazione; dirà un vecchio funzionario di partito Radik: "Sono figli nostri, figli di congiunti, / di amici: sono il nostro fior fiore / Si rivoltano contro di noi, non tollerano / il nostro lascito / così come di giorno in giorno degenera / nella nostra indifferenza". Fra i simboli del potere (il Palazzo) e del Teatro (l'attore che vive nello spazio illusorio della rappresentazione) si situa il motore drammaturgico di Hystrio. Luzi affida lo spettacolo linguistico del testo (con livelli che vanno dall'aulico al prosastico) e degli uomini-attori che sono non solo personaggi ma anche figure simboliche ed archetipe. Hystrio, a cui l'autore consegna il titolo del dramma e a cui Sebastiano Lo Monaco per dirla con Luzi regala non un'interpretazione ma "momenti di autentica esistenza", è il teatro stesso, lo spettacolo, la divinità misterica che sovrintende ogni epifania scenica: "Sono io lo spettacolo" "Chi è Hystrio"?... "Hystrio è dio". Il dittatore Berek che trova in Andrea Bosic gli accenti di un Lear shakesperiano è propriamente la mummificazione di tutti i poteri possibili, perché "Dorme il capo nella sua sacra mummia". Giulia invece non sembra appartenere a questa illusoria rappresentazione del potere e del teatro; è il personaggio assente o il non-personaggio ma proprio per questo assai più vero; dinanzi alla sua morte, l'attore ferito ed umiliato potrà solo dire "No, non appartiene al teatro / Appartiene alla vita... / perché la vita "E' possente ed è fragile" / Somma di innumerevoli morti / per mancamento o uccisione... / e neppure somma, cumulo in cui siamo piuttosto / aggiunti o depennati / Il totale è un'incognita. / Infatti "non è il teatro che uccidono / ma è la vita che resta sul campo".
Luzi esprime qui l'impossibilità di un senso del tragico. Se la rappresentazione e la tragedia vivono nel loro stato latente nell'orrore della vita quotidiana allora "la più tetra tragedia è quella che non ha la forza di esplodere / ed è troppo misera per manifestarsi come tale / e si lascia corrodere e soppiantare da banale corruzione /". Rimane a noi soltanto un'immagine sbiadita e squallida di ogni evento privo di autentica tragicità. Soltanto il teatro come forse il potere "è immortale, le sue effigi si svuotano / e si riempiono senza perire / (...) le sue maschere disertate si rianimano / La sfida tra menzogna e verità non ha fine /. Allora nella nostra edizione come concluderà il coro "il mondo tutto è rappresentazione".
In un palcoscenico che reclama la propria assoluta nudità la parola di Luzi si fa teatro. Come in una metafora barocca del teatro-mondo, un grande sipario-palpebra disvelerà e celerà la profezia, il complotto, l'attesa, l'amore assoluto e la sconfitta vitale del tempo contemporaneo; a noi teatranti sia salda la volontà che il compimento scenico che ci accingiamo a realizzare di questo inquietante profetico dramma possa restituire anche solo qualche frammento dell'ineffabile "religio" di Hystrio.
Salvo Bitonti
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